Quanti solfiti ci sono nel vino che beviamo?

uva pigiataCosa sono i solfiti?
I solfiti sono molecole formate dall’unione del solfito, uno ione negativo composto da zolfo e ossigeno, con altri atomi. Ne fanno parte, ad esempio, all’anidride solforosa SO2, il bisolfito di sodio NaHSO3, il bisolfito di potassio KHSO3.

Si tratta di sostanze naturalmente presente nel vino o di additivi?
L’anidride solforosa è presente in natura e anche la fermentazione effettuata dai lieviti presenti sulla buccia dell’uva può generare fino a 40 mg/l di solfiti. Nella produzione di vino, tuttavia, particolari solfiti (specie il bisolfito di sodio) sono frequentemente aggiunti in vari momenti e con diversi scopi. Quando i grappoli arrivano in cantina la solfitazione evita l’ossidazione del succo, limita lo sviluppo di batteri e consente ai lieviti di avviare e portare a termine una corretta fermentazione; nella vinificazione dei rossi, contribuisce ad estrarre il colore dalle vinacce nel corso della macerazione e stabilizzarlo nel tempo. Finita la fermentazione la solforosa è usata per conservare il vino, per limitarne l’ossidazione e per rendere più limpido il mosto.

Gli strumenti di misurazione attualmente utilizzati sono in grado di misurare la presenza di solfiti al di sopra dei 7 mg/l. Sono considerati vini “senza solfiti”, e possono omettere la dicitura “contiene solfiti” in etichetta, quei prodotti che contengono meno di 10 milligrammi di solfiti per litro.

La normativa europea (Reg. CE No 606/2009) ha fissato come limite massimo ai solfiti presenti in un vino in 150 mg/l per i rossi e 200 mg/l per i bianchi, che si elevano rispettivamente a 200 e 250 mg/l per i vini dolci, con deroghe specifiche per determinati tipi di vino e necessità determinate dall’andamento dell’annata in specifiche aree di produzione. Le differenze nei massimi consentiti sono legate al fatto che i vini rossi contengono sostanze polifenoliche, che ne favoriscono la conservazione, mentre i vini bianchi sono più esposti a un rapido deterioramento; da parte loro i vini dolci, non avendo trasformato in alcol tutti gli zuccheri, hanno la tendenza a continuare a fermentare, per questo necessitano di una quantità maggiore di solfiti.

L’uso dei solfiti è ammesso anche dalla nuova normativa sul vino biologico (Reg. CE 203/2012). In questo caso le quantità massime ammesse sono 100 mg/l per i rossi e di 150 mg/l per bianchi e rosati, con la possibilità di aumentare in tutti i casi di 30 mg/l se il vino ha più di 2 grammi di zucchero residuo.

A parte i vari dettagli piuttosto tecnici i solfiti possono considerarsi dei “conservanti” ma la normativa li permette anche se nei vini bio sono sempre meno utilizzati.
E’ bene sapere in ogni caso che non fanno bene e come in tutte le cose assumerne una quantità minima o moderata può limitarne i danni…

Gli effetti nocivi dell’anidride solforosa e quindi dei solfiti sulla salute sono stati e sono tuttora oggetto di numerosi studi, in ragione del loro impiego diffuso in ambito alimentare e della crescente attenzione dei consumatori verso il rapporto fra cibo e salute. I solfiti sono innanzitutto degli “allergeni” in grado di causare problemi respiratori nelle persone asmatiche, ma sono anche responsabili di vari disturbi. Possono dar luogo ad irritazioni gastriche, influenzare negativamente l’assorbimento della vitamina B1 e, nelle donne, aumentare il rischio di osteoporosi. Infine, la capacità dei solfiti di ridurre l’afflusso di ossigeno al cervello durante la digestione genera la ben nota sintomatologia del “cerchio alla testa”. (dal sito terraquilia.it)

Fonti:
1 – Estratto da un articolo di Marta Geri sul sito www.enotecaemiliaromagna.it

2 – www.terraquilia.it/vino-naturale.htm